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Un ritardo che fa bene allo spirito. Connessione a Toronto YYZ.

il tramonto a Toronto YYZ
tramonto a Toronto YYZ

Siamo arrivati in perfetto orario. Quasi 10 ore di volo, 09:55 per l’esattezza, sfidando venti contrari e laterali, approfittando di quelli di coda, girando attorno a una cella di estrema bassa pressione, grazie Comandante, mentre costeggiavamo l’Atlantico Nord per poi infilarci lungo la valle del San Lorenzo come una corvetta venuta a caricare pelli di castoro, lontra di mare, orso, cervo, ermellino e puzzola, sì anche la puzzola. Morbide e calde pellicce pregiate degli animali del Grande Nord. Ma noi siamo andati oltre la Nouvelle France, perchè l’AZ650, nelle forme del possente Airbus A330-200, collega Roma Fiumicino con Toronto Pearson, sulle rive del lago Ontario e, fortunatamente, non siamo venuti per le pelli ma per il turismo, le visite ai parenti, altri affari.

Sbarchiamo in fretta, perchè 10 ore dentro un tubo di metallo che vibra sono tante, e se anche le gentili e graziose signorine dalle-gambe-verdi hanno fatto di tutto, o quasi, per rendere più veloce il passare del tempo, il volo è ormai dietro alle nostre spalle.

Come da copione passiamo il controllo passaporti come una brezza sul mare, addetti della TSA subito a sud della frontiera imparate imparate, e ci affolliamo attorno il nastro 9 per la riconsegna dei bagagli. Per molti dei 250 passeggeri Toronto non è la destinazione finale, ma sempre per il costume di questa parte di mondo i bagagli devono obbligatoriamente passare il controllo al primo punto di ingresso nel Paese, non a quello dove passeremo la notte con amici o familiari.

Grazie a uno sprint giovanile nei corridoi dell’aeroporto sono arrivato al nastro in testa al plotone: la prima valigia romana ancora non ha iniziato a girare. A dirla tutta non c’è nulla che gira, il nastro è fermo.

Prima di noi, e se ne devono essere appena andati perchè c’è ancora la scritta sul pannello luminoso ma non più le valigie, è arrivato il volo AirTransat da Lamezia Terme, il TS643. Abbiamo sicuramente viaggiato in tandem, percorrendo il lungo arco dal cuore del Mediterraneo sino al grande lago dolce a distanza di contatto radio, magari pure visivo.

Scatto una foto al pannello e la mando a un amico che lavora a Lamezia SUF, mi ringrazia, si commuove. Noi appassionati di aviazione abbiamo un cuore particolare.

Iniziano ad arrivare gli altri passeggeri, non sono più da solo.

Tra neppure 2 ore ho un volo Air Canada da prendere. Una volta arrivata la valigia devo consegnare la dichiarazione doganale, rifare il check-in al bagaglio, cambiare terminal. Alitalia, come tutte le compagnie SkyTeam e oneworld, arriva al Terminal 3, mentre Air Canada e le altre di Star Alliance sono insediate al Terminal 1.

Toronto Pearson, YYZ per i patiti, non è un aeroporto piccolo: anche se solo al 33esimo posto per traffico nella classifica mondiale è però al primo in Canada, ha visto passare nel 2015 la bellezza di oltre 41 milioni di passeggeri e in Nord America è secondo solo al JFK di New York per numero di voli internazionali. Ergo, non sarà una passeggiata.

Ma la valigia non arriva. Il nastro s’è messo in moto, con una serie di tonfi successivi si sono allineati una serie di borsoni e bagagli di plastica rigida, e poi più nulla, silenzio, il nastro s’è fermato. Con buona pace dell’etichetta giallo fosforescente Priority che adorna il mio baggage tag.

Molti passeggeri se ne sono già andati rimorchiando i loro bagagli, gli altri si guardano attorno spaesati, controllano i cartelloni luminosi degli altri nastri ma no, Signore e Signori, il nastro giusto è questo, dice Roma, anzi Rome. Lamezia-Terme, col trattino, già se n’è andato da un bel po’.

Annunciato da una sirena e da un allarme luminoso riprende il giro. Altre 2 dozzine di valige, o poco più. Altri passeggeri che se ne vanno. Io sono sempre qui.

E il tempo passa, sono ormai sbarcato da quasi un’ora.

C’è qualcosa che inizia a girare, di moto proprio.

il cartellone luminoso al nastro 9
il cartellone luminoso al nastro 9

Il banco Alitalia per i bagagli smarriti non c’è, un volo al giorno non lo giustifica(!), ma ce n’è uno che si fa carico dei passeggeri le cui compagnie non hanno banco, appunto. Dietro una signorina, che parla al cellulare, e un ragazzo magro e alto, altissimo, un palo della luce. Gli spiego, gli faccio vedere le carte d’imbarco, gli chiedo delucidazioni del tipo: “se il mio bagaglio non arriva nei prossimi 15 minuti che faccio, corro al gate e gli fate fare dogana voi o devo aspettarlo e perdo l’aereo”. Con un sorriso tranquillo, i canadesi hanno tutti un sorriso tranquillo, addetti della TSA subito a sud della frontiera imparate imparate, mi risponde che “sì, meglio sarebbe aspettarlo”, il bagaglio, non menziona il volo che perderei, ma è implicito.

Poi aggiunge: “Se il suo bagaglio arriva entro un quarto d’ora, per favore mi avvisi”.

Il tono di tutta la frase s’è fatto musica sulle parole “arriva entro”. Il ragazzo ci sa fare.

“Va bene”, gli rispondo, se ci tieni.

Il moto proprio gira un po’ di meno, e in compenso il leggendario nastro 9 s’è rimesso in funzione.

Pof, pof, cadono le valige, pof, cade anche la mia. Ma per la miseria dove t’eri cacciata!

Tutto a posto, non c’hanno messo le mani. Mi fiondo verso l’uscita e avviso il Palo della luce che il bagaglio è arrivato.

“Sa dove andare?” Mi chiede, sereno.

“No”.

“Mi segua, l’accompagno”.

Canada, Canada, questo non è un aeroporto, è un sogno.

Passiamo la dogana, passiamo anche il banco del check-in perchè la mia valigia rischierebbe di non essere smistata in tempo, mentre penso alle app per il cellulare, al Pokemon Go, al 4G, al 5G e al sistema d’anteguerra di controllo doganale.

Il Palo gentile s’infila in corridoi laterali, sale scale di servizio, con me dietro che arranco perchè, parliamoci chiaro, la mia falcata è almeno la metà della sua. Arriviamo alla stazione del Terminal Link Train, il trenino che collega i terminal. Altro Terminal altra corsa sino alla sala accettazioni affollata all’inverosimile.

“Non è che per caso ha una tessera Gold di Star Alliance”, mi chiede con quel sorriso tranquillo.

“No, ma si può fare qualcosa, vero?!”.

Perchè non mi hai portato fino a qui per poi farmi fare la coda e perdere il volo. In effetti fa qualcosa e trova un banco libero, tutto per me.

“Corra”, mi dice l’addetto che scannerizza il mio baggage tag.

Saluto, ringrazio, omaggio di mille sorrisi il Palo tranquillo e vorrei correre, ma c’è ancora il metal detector, il controllo carta d’imbarco, etc. etc.

Quando, e finalmente, arrivo al gate, leggo che il mio volo è stato ritardato di 40 minuti.

Fuori il giorno se ne sta andando mentre il cielo si colora di arancione, porpora e blu cobalto, meglio così, me lo sarei perso e invece ho il tempo per godermelo.

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questo post è stato pubblicato anche su The Lightblue Ribbon e Il Lametino

tutte le fotografie © Michele Molinari

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