La strategia vincente di Etihad Airways.
“Con un investimento minore del costo di 3 nuovi aerei siamo stati in grado di costruire un network globale, guadagnare nel 2015 cinque milioni di nuovi clienti, ricavare oltre 1,4 miliardi di dollari e condividere i costi. Questo è quello che chiamo smart business”.
A parlare è James Hogan, CEO di Etihad Airways, compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti e che al novembre di quest’anno compirà appena 13 anni.
A differenza delle consorelle mediorientali, Emirates, sempre basata negli EAU, e Qatar Airways, la strategia di Etihad prevede, piuttosto che l’acquisto continuo e quasi forsennato di apparecchi aerei, la compartecipazione con aereolinee minori ma strategicamente situate in una vasta fascia che dal cuore dell’Europa giunge sino all’Australia.
Negli anni Etihad ha comprato grosse fette azionarie di compagnie in cattive acques che ha provveduto a fare uscire dalle secche, e confluite poi nella struttura degli Etihad Equity Partners. Tra questi l’acquisto più cospicuo, 49%, è stato quello di Alitalia (leggi qui). Le altre compagnie sono airberlin (29,21%), Air Seychelles (40%), Air Serbia (49%), Aer Lingus (2,98%), Darwin Airline (33,3%), Virgin Australia (10%).
Ai partner si aggiungono una moltitudine di accordi di codeshare, 50 per l’esattezza, che consento ai passeggeri Etihad di raggiungere altre 600 destinazioni globali.
Sotto l’oculato management di Hogan il profitto netto per il 2015 della sola Etihad è stato di 103 milioni di dollari, con i ricavi cresciuti del 22% sino alla cifra di 9,2 miliardi di dollari.
Le sinergie e i vantaggi economici non si limitano a questi numeri, le economie di scala create attraverso le partnership stanno prendendo sempre più piede. Il training degli equipaggi, piloti e personale di bordo è centralizzato nella Etihad Training Academy; gli acquisti di nuovi apparecchi vengono fatti considerando le esigenze di tutti i partner; mentre il clima e il mare di Abu Dhabi stanno diventando una meta d’elezione per i turisti tedeschi, airberlin è la seconda compagnia per importanza della Germania, che valgono circa 500 milioni di dollari annui per l’economia dell’emirato.
L’acquisto di azioni di compagnie in crisi comporta grossi rischi e grande fiducia nei propri mezzi, considerando la crisi di airberlin e il pozzo senza fondo che sembrava Alitalia, ma sia la prima che la seconda sembrano ormai fuori dalla tempesta, e continuano ad aggiungere nuove rotte e frequenze oltre che migliorare l’attenzione al passeggero.