Un nuovo hub per Alitalia, dove?

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L’annus horribilis di Roma FCO sembra non avere fine. All’incendio nel Terminal 3 il 7 maggio scorso, di per sé ancora inspiegabile, è seguito l’incendio, probabilmente doloso, alla pineta limitrofa nella giornata di ieri. Oggi, a neppure 24 ore dal fumo che ha ridotto l’attività dello scalo romano, e proprio mentre l’amministratore delegato di Alitalia Silvano Cassano dichiarava che “Se Fiumicino continuerà a puntare su compagnie low-cost e servizi mediocri, Alitalia sarà costretta a spostare la sua crescita altrove”, c’è pure stato un black-out. Una cosa da poco, 20 minuti senza elettricità in un’ala dell’aeroporto, la torre di controllo non ne è stata influenzata, ma comunque un fatto che non dovrebbe accadere per nulla in uno scalo intercontinentale e che fa gridare al complotto.

Ma non è di questo di cui mi voglio occupare. Non mi piace gridare contro finché non vedo tutte le carte sul tavolo, ed è per questo che al momento non mi sento di appoggiare né AdR, Aeroporti di Roma, né i passeggeri che hanno sofferto i disagi; i viaggiatori che di fronte all’imprevisto hanno reagito sopra le righe, invece, non avranno mai la mia benché minima simpatia.

È un dato di fatto che Roma Fiumicino sia un aeroporto vecchio, forse all’avanguardia negli Anni 70, ma che negli ultimi decenni, senza lo stimolo di una grande compagnia e di un flusso passeggeri che sì è cresciuto ma non tanto quanto nella media europea, non ha puntato a sufficienza sulla ristrutturazione e sull’innovazione.

Gli aeroporti non sono di per sé difficili da costruire, ma diventa problematico aggiornarli quando la progettazione non abbia tenuto conti di molti decenni a venire. Ne è un chiaro esempio Londra LHR, dotato di 2 sole piste, di uno sciame di pulmini che trasportano i passeggeri tra un terminal e l’altro percorrendo gimcane infinite, e lunghe e sottili file di viaggiatori in coda ai controlli che si dipanano tra più piani e sale diverse.

AZ ed FCO sono andati a braccetto per tanti, troppi anni, aiutandosi a vicenda e a malapena hanno tenuto la testa fuori dall’acqua in un business altamente competitivo che li ha relegati in posizioni marginali non solo mondiali e continentali, ma pure regionali.

La nuova Alitalia a direzione emiratina, qualcuno ha dei dubbi su chi comanda davvero?, è una compagnia che vuole tornare a generare profitto, e per farlo deve essere in grado di competere appoggiandosi ad un hub funzionale, efficiente e magari pure moderno.

Le parole di Cassano sono da intendersi come una minaccia o uno stimolo? Alitalia ha già pensato all’eventualità di cambiare aeroporto di riferimento o per il momento è solo un sasso nello stagno dello status quo?

Nel caso della prima eventualità, quale potrebbe essere l’aeroporto più funzionale ad una compagnia che voglia tornare a crescere?

Il primo pensiero va a Milano MXP che, già qualche anno addietro, ha rischiato per volontà politica di diventare l’aeroporto di riferimento della compagnia allora di bandiera. Malpensa è al centro di un bacino di utenza popoloso ed economicamente forte, ma appartiene ad una realtà socioeconomica che sta perdendo sempre più terreno nei confronti del nuovo motore trainante dell’economia italiana: il triangolo Lombardia – Veneto – Emilia-Romagna. In quest’ottica reputo che, sempre nel gioco delle ipotesi, l’aeroporto più indicato ad accogliere la nuova Alitalia sarebbe quello di Bologna BLQ. L’hub si verrebbe a trovare meglio posizionato nel baricentro geografico dello sviluppo economico del paese e servito da reti, autostradale e ferroviaria, che nel capoluogo emiliano hanno già uno snodo primario.

La struttura aeroportuale in sé avrebbe bisogno di investimenti, è ovvio, terminal e piste, così come la connessione con l’alta velocità ferroviaria. Nel momento in cui anche i collegamenti di terra fossero all’altezza di un paese moderno, e con volontà e impegno parliamo di pochi anni, le strutture di Roma FCO, Milano MXP e Venezia VCE cederebbero voli, mentre gli altri scali medi e minori del Centro Nord, molti dei quali sviluppatisi per mancanza di programmazione nazionale e nell’illusione di proventi economici del traffico delle low-cost, verrebbero probabilmente relegati ad un’operatività stagionale. Ma il vantaggio di un grande aeroporto funzionale e situato al centro del bacino d’utenza, in un paese relativamente piccolo come l’Italia, sarebbe innegabile e ottimo trampolino di lancio per la compagnia che ne facesse il suo hub, oltre che calamita per gli altri vettori.

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