In Cina si decolla … forse si atterra.
Di questi giorni il cielo dell’ex Celeste Impero non è celeste per nulla, bensì coperto di nubi. I ritardi nei voli da e per gli aeroporti cinesi, i peggiori al mondo in fatto di puntualità, sono ormai diventati di proporzioni leggendarie. Dai cieli lo stress si trasferisce ai viaggiatori, al punto che le compagnie aeree stanno allenando i propri dipendenti al combattimento corpo a corpo per rispondere alle botte che sempre più frequentemente ricevono da passeggeri alterati.
Il Paese è cresciuto in fretta, troppo rispetto alla capacità di adattamento delle forze militari che controllano l’80% dello spazio aereo; a ciò si sommano vari errori manageriali. Il governo cinese considera queste percentuali sulle cause dei ritardi: 42,3% management delle compagnie; 26,1% controllo del traffico; 20,9% il clima; 7% esercizi militari.
Prima di arrivare al collasso totale la CAAC, Amministrazione dell’Aviazione Civile Cinese, ha decretato la misura di unrestricted take-off, decollaggio senza restrizioni, per gli 8 maggiori aeroporti del Paese. In poche parole: gli aerei sono obbligati a decollare, anche se non hanno ricevuto l’ok dall’aeroporto di destinazione, appena termina l’imbarco dei passeggeri.
Il provvedimento ha effettivamente ridotto i tempi di attesa prima della partenza, ma ha ovviamente aumentato a dismisura quelli all’arrivo che, a differenza dei primi, si compiono in volo circolando in quota, con grande dispendio di carburante e aumento dei rischi.
Ci si augura che il provvedimento sia temporaneo, un maquillage, perchè quello di cui il sistema aereo cinese ha veramente e urgente bisogno è la liberalizzazione dello spazio aereo e di grossi investimenti nel controllo del traffico.
(da Heather Timmons / The Atlantic, qui)