Le linee aeree del Golfo pagano lo scotto di volare attorno a zone di guerra.
Le linee aeree del Golfo Persico pagano lo scotto di avere gli hub nelle zone più calde del pianeta. Dopo l’abbattimento del volo MH017 nei cieli ucraini anche il grande pubblico ha aperto gli occhi sui tanti pericoli che si corrono nel sorvolare le zone di guerra. Molte compagnie aeree, alcune già l’avevano fatto, hanno disegnato nuove rotte per tenersi alla larga dai conflitti e da quelle che ora sono considerate no-fly zone, ma le compagnie del Golfo sono sicuramente quelle più colpite in termini economici
L’imprevedibile dinamica dei conflitti, delle tensioni sociali e delle emergenze sanitarie porta le compagnie a continui aggiornamenti per la salvaguardia e sicurezza degli equipaggi, dei passeggeri e degli aeromobili; ricordiamo al momento Libia, Iraq, Siria, Crimea, Ucraina e Africa Occidentale.
Rotte più lunghe significano tempi di volo estesi che si traducono in maggiore consumo di combustibile la cui incidenza è di circa il 30% sui costi operativi; la IATA ha calcolato che nel 2014 le compagnie mondiali spenderanno 212 miliardi di dollari in carburante.