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Cuneo CUF e quali aeroporti d’Italia.

CuneoLevaldigi

L’Italia, si sa, è stata fatta male. Ma sul tema aeroporti, ancora peggio. Se ne conta uno circa ogni 70 km, tutti inutilmente costruiti per la boria del politico locale, dell’orgoglio del territorio. È come se, a un certo punto della storia, fosse diventato di moda avere un aeroporto, e così nessuna delle province, o quasi, se l’è fatto mancare. Bastava consultare il saggio. Avrebbe messo in considerazione: bacino minimo di viaggiatori, distanza minima tra aeroporti, aeroporti condivisi tra più città e ferrovie dedicate per raggiungere i centri urbani. Per esempio: il Nord avrebbe solo bisogno di due hub, uno di nordest e uno di nordovest; vista l’estensione di più di mille km del Nord Italia. Quello di nordovest magari non a Malpensa ma ad Alessandria, punto centrale tra Torino, Genova, Parma, Milano. Troppo difficile? Sì, per l’Italia è troppo difficile.

Nel 1970 sono state istituite le Regioni già previste nel 1946, e da allora non ci siamo più risollevati. Cuneo è un prodotto di quelle scelte. Il sud del Piemonte non è ben collegato con Torino Caselle, né per autostrada né per ferrovia, ed eccoci quindi a Levaldigi, comune di Savigliano, dove si sono progettati e costruiti i treni italiani, Pendolino compreso.

L’aeroporto è piccolo, servito da low-cost come Ryanair, Wizz Air, Blue Air e Air Arabia Maroc. I conti tornano con circa 50mila passeggeri anno, tenendo conto delle numerose comunità etniche romena, marocchina, albanese nella metropoli torinese. Il problema, come al solito, sono i servizi, e l’esempio occorsomi a metà aprile è illuminante. Dunque, arriva l’aereo da Casablanca, pieno di marocchini emigranti, tutti con regolare passaporto e permesso di soggiorno, quindi non da controllare, se non alla veloce. Invece li fermano per controlli approfonditi, ed ecco che subito si formano lunghe code perché ci sono solo 2 sportelli, con poliziotti in distaccamento da La Spezia; uno dei due che dice che la linea per i computer non funziona bene. Non c’è un canale preferenziale per i cittadini comunitari, così che anche gli italiani devono farsi largo tra i migranti per mostrare il loro passaporto. Ma possibile? Possibile. Poi arrivi alla consegna dei bagagli. Ti fai largo con un po’ di vergogna e ti fermi davanti al nastro, una montagna di borse e valige: se nessuno ritira, i bagagli non ci stanno tutti. E così, gente che non ha dormito la notte precedente, che ha fatto già due ore di coda a Casablanca, che ha dovuto subire una perquisizione umiliante ai genitali (gli uomini), che è spaesata, che appena capisce qualche parola in italiano, vecchi, bambini, e donne incinte compresi,  sta in coda per un’ora per passare un ulteriore controllo valigia alla mano. Ma non è finita. Adesso bisogna raggiungere Torino,   ma il bus, che dovrebbe partire a un orario preciso ritarda di tre quarti d’ora a lasciare l’aeroporto, e poi ci mette più di un’ora per percorrere meno di 60km e arrivare a destinazione, evitando con cura di imboccare l’autostrada.

Ma come ci sono volati sino a Cuneo?, leggilo qui.

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5 Comments

  1. Scrivendo per le maggiori riviste professionali di turismo, anni fa, ho seguito anche il settore del trasporto aereo.
    La Storia degli aeroporti itaiani è un po’ più complessa e dovrebbe essere presa in considerazione a partire perlomeno dagli anni ’30/’40, quando (allora si) quasi ogni città italiana e diversi paesi di provincia, avevano il loro campo di volo, praticamente tutti militari. Poi col passare dei decenni e col diminuire dei soldi la situazone è inevitabilmente cambiata.

    E’ vero che oggi abbiamo una serie di aeroporti che hanno rarissimi voli gornalieri, perlopiù da/per Roma, ad uso politico, e questi sono solo serbatoi di voti e “torte” economiche da spartire.
    In questi casi molti degi aeroporti minori andrebbero chiusi senza riserva, senza abboccare al ricatto occupazionale dei pochi e inutili posti di lavro da salvare, a scapito di sostanziose iniezioni di soldi pubblici.

    Riguardo a costituire un hub ad Alessandria, beh… scusate ma mi sembra una ipotesi tutta da ridere: il vecchio aeroporto di Linate, prima dello spostamento dei voli su Malpensa 2000 arrivò a generare oltre 10 milioni di passeggeri, granparte dei quali da/per Milano e le città ad est (Bergamo e Brescia). Ipotizzare che milioni di persone in partenza o diretti a Milano vadano in treno o in auto sino ad Alessandria per prendere un volo è pura fantascienza. E non dimentichiamo che Malpensa attira su di sè anche traffico da/per il Canton Ticino svizzero.
    Aeroporti considerati “minori” cme Orio al Serio fanno invidia per volume di traffico e redditivtà a scali di città nettamente più grandi di Bergamo.

    Gli aeroporti hanno senso se stanno vicino alle grandi città: il sistema aeroportuale milanese coi suoi 3 aeroporti movimenta un volume di traffico che sarebbe impensabile spostare ad Alessandria.

    Piuttosto una soluzione interessante per l’hub del nordItalia sarebbe stata quella di Ghedi – Montichiari. Le piste dei due aeroporti militari sono parallele e distano pochi chilometri l’una dall’altra. In mezzo avrebbe potuto sorgere agevolmente l’aerostazione, i piazzali e i servizi, come avviene nei grandi aeroporti internazionali; inoltre ci saebbeanche stato spazio per una terza pista.
    Invece, per ragoni meramete economiche, si è optato per ampliare a Malpensa ed un aeroporto nato vecchio. Avere piazzali e aerostazione a fianco di una delle piste signfica avere questa che lavora limitatamente causa gli attraversamenti da parte dei velivoli della pista più lontana; una soluzione che andava bene perla”vecchia” Malpensa con pochi voli ma del tutto obsoleta oggi.

    Quando si aprì Montichiari al traffico civile lo si ealra presentato in pompa magna, come un aeroporto necessario per dare maggiore impulto l’economia della provincia: ricordo che già all’inaugurazione un imprenditore mi sussurrò:” Ma qui leconomia gira attorno al tondino di ferro e alle fonderie; Cosa fanno, spediscono il tondino sugli aerei?”. Era evidente ai più l’inutilità di quello scalo, come puntualmente si è confermato.

    Sul fatto che i controlli doganali e di polizia siano lenti e insufficienti: anche questo è esasperato dalla necessità di contenere i costi. Altra ragione per cui gli aeroporti minori delle piccole città sono inutili e dispendiosi, liberando così risorse e personale da inviare agli scali dove serve maggiormente, adottando in questo modo una soluzione di buonsenso.

    AdC

    1. Grazie Adriano del commento. Nel parlare del sistema aeroportuale italiano credo si debbano distinguere i vari piani. Il mio post riguardava l’esperienza di viaggiatore che vede i problemi che incontra e pensa a come sarebbe possibile risolverli. Tuttavia, se si tratta di visione strategica, a me pare che si debba partire dal campanilismo italiano, che ha portato a un’anarchia totale, aggravata dalla politica di Alitalia. Non si sono mai fatte scelte strategiche, gestite dal Ministero dei Trasporti e condivise dalle Regioni. La Lombardia è andata per suo conto, forte del traffico cargo e della posizione semicentrale nel nord; le altre regioni del nord hanno dormito della grossa, non riuscendo a vedere i problemi e le soluzioni come macroregione. E’ cosa vecchia e risaputa, e vale non solo per gli aeroporti, ma per il sistema dei trasporti in generale e per tanti altri settori. Stato debole e regioni cieche, si potrebbe sintetizzare. Risultato che ha portato al libero mercato selvaggio, drogato dalle sovvenzioni pubbliche e dalle rotte protette. Siamo davvero sicuri che il sistema Milano abbia bisogno di 3 aeroporti come Londra, che movimenta da 3 a 4 volte il traffico meneghino? Ma anche se fosse ragionevole dal punto di vista business avere 3 scali in una stessa città (media per i valori europei, piccola per quelli mondiali) siamo sicuri che dal punto di vista economico del Norditalia, dal punto di vista dei customer e da quello della sostenibilità ambientale sia la scelta giusta? Questo volevo sottolineare con Alessandria: i cieli, le rotte, il petrolio non sono risorse infinite, sarebbe più saggio ridurre l’impatto. Certo, anche costruire ferrovie impatta, ma non possiamo, per egoismi e incapacità di scelta, impattare 4 volte: con aeroporti, ferrovie, auto, bus e camion.
      Peraltro, è di ieri la notizia che Cuneo-Levaldigi, nella lista Passera dei 15 aeroporti italiani a rischio chiusura, ha ricevuto un’offerta da un gruppo russo per rilevarne il 66% con concessione ventennale al fine di svilupparlo come aeroporto turistico e cargo. E’ il mercato, bellezza!

      1. Che in Itaia sia mancataper decenni unavera poltica di sviluppo aeroportuale, è un dato di fatto.
        Credo di aver visto una bella serie di progetti, alcuni interessanti, altri piuttosto fantasosi. Fra questi, una serie di collegaenti con mini aerei frale città del Nord e del Sud, tipo autobus.

        Alitaia: aprire questo argomento significa passare anni a discutere del malgoverno della cosa pubblica in quest Paese.
        Solo una parentesi: la perdita di postdi lavoro è sempre un dramma, ovviamente; tuttavia credo di non essere lontano dal vero affermando che in molti hanno sadicamente gioito sapendo che certe assistenti di volo in divisa verse, particolarmente scortesi, non avevano più possibilità di nuocere ai passeggeri.

        Sistema aeroportuale milanese: credo che il numero discali di una città non sia mai esagerato, quando i bilanci sono in attivo.

        I russi acquistano Levaldigi? e per farci cosa…? per andare a sciare al Sestriere invece che a Foppolo, probabilmente…

        AdC

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